In questo articolo analizzeremo la relazione tra il COVID e l’inflazione in Italia. L’arrivo del COVID-19 in Italia ha avuto un impatto significativo sia sulla vita delle persone, ma anche sull’economia del Paese. Infatti nel periodo del COVID, mentre il Paese lottava per contenere la diffusione del virus, gli esperti stavano cercando di comprendere le conseguenze economiche a lungo termine della pandemia. Uno dei temi più dibattuti è la relazione tra il COVID-19 e l’inflazione in Italia. La conseguenze del COVID, più profonde si sono avute soprattutto sul mercato del lavoro. Quando si parla di inflazione si intende l’aumento generale e sostenuto del livello dei prezzi dei beni e dei servizi, in un’economia durante un determinato periodo di tempo. In altre parole, l’inflazione rappresenta la diminuzione del potere d’acquisto della moneta, in quanto con la stessa quantità di denaro si acquistano meno beni e servizi rispetto a quanti se ne sarebbero acquistati in precedenza. L’inflazione dunque, può avere effetti significativi sull’economia, come la diminuzione del potere d’acquisto della moneta, un aumento dei costi di produzione per le imprese, un aumento dei tassi di interesse, una riduzione degli investimenti e una diminuzione della fiducia dei consumatori. Per questi motivi, i governi e le banche centrali monitorano attentamente l’inflazione e cercano di mantenerla a livelli stabili e prevedibili. Il COVID-19 ha avuto un impatto significativo sull’economia italiana. La pandemia ha causato la chiusura di molte attività commerciali, la diminuzione della domanda interna e il rallentamento dell’attività economica in generale. Tutto questo ha portato ad una contrazione del PIL e ad un aumento della disoccupazione.
Gli effetti della pandemia hanno generato sul sistema economico italiano:
- Una forte contrazione del PIL: questo in Italia è diminuito di circa il 9% nel 2020, una delle peggiori performance in Europa.
- Un aumento della disoccupazione: il tasso di disoccupazione in Italia è aumentato significativamente durante la pandemia, con un picco del 10,8% nel 2020.
- Una diminuzione della domanda interna: la chiusura di attività commerciali e le restrizioni sulla mobilità hanno ridotto la domanda di beni e servizi nel Paese.
- Un aumento del debito pubblico: il governo italiano ha implementato politiche di stimolo economico, come l’erogazione di sussidi alle imprese e ai lavoratori, che hanno contribuito ad aumentare il debito pubblico.
- Una riduzione degli investimenti: la pandemia ha portato ad una diminuzione degli investimenti, poiché le imprese hanno ridotto le spese per affrontare la crisi.
- Un aumento della povertà: la pandemia ha aumentato il numero di persone che vivono in povertà o in condizioni di svantaggio economico.
Andiamo ad analizzare più nel dettaglio cosa ha messo in luce il rapporto ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro) del 2020-2021 sia a livello globale che in Italia. A livello globale il rapporto ILO ci fa capire che la pandemia ha generato sui mercati mondiali la più grave crisi economica dopo la Seconda guerra mondale. In particolare questo rapporto mette in evidenza che:
- Nel 2020, il COVID-19 ha causato una perdita di 8,8% delle ore lavorate a livello globale, pari a 255 milioni di posti di lavoro a tempo pieno.
- Il COVID-19 ha avuto un impatto significativo sulle donne, sui giovani e sui lavoratori meno qualificati, che hanno subito maggiormente la perdita di lavoro.
- Il COVID-19 ha causato una forte diminuzione dei salari, con una perdita stimata del 10,7% dei salari a livello globale nel 2020.
- La pandemia ha aumentato l’incertezza del lavoro, la precarietà e la povertà, con molte persone costrette a lavorare in condizioni precarie e con bassi salari.
- Il rapporto ILO ha inoltre evidenziato la necessità di politiche adeguate per proteggere i lavoratori e mitigare gli effetti negativi della pandemia sull’occupazione e sul mercato del lavoro.
L’Italia e il rapporto ILO
L’Italia nel 2020, è stato uno dei paesi europei che ha subito una grave crisi economica con una perdita pari a 500.000 posti di lavoro, perché le restrizione applicate dal governo, in materia di
pandemia, hanno portato alla chiusura di molteplici attività come il turismo, la ristorazione, il commercio al dettaglio e il settore manifatturiero che sono alla base dell’economia Italiana. Tutto
questo, ha generato una diminuzione della domanda di beni e servizi, che ha di conseguenza generato una diminuzione dell’esportazioni italiane.
La pandemia ha fatto si che si sviluppasse il lavoro precario e quindi di conseguenza c’è stata una diminuzione dei salari per molti lavoratori in Italia, perché le aziende per sostenere i costi, hanno
cercato di sostituire i posti di lavoro a tempo pieno con lavoratori a tempo parziale o addirittura precario, pur di mantenere la propria attività in funzione. Questo atteggiamento è stato particolarmente evidente in attività come il commercio al dettaglio e la logistica. Il rapporto ILO ha anche sottolineato la necessità di politiche adeguate per proteggere i lavoratori in
Italia, come ad esempio il sostegno finanziario alle imprese e ai lavoratori durante la pandemia, questo è stato messo in atto tramite ammortizzatori sociali, sussidi per la disoccupazione, accesso al credito agevolato e con la riduzione delle tasse e dei contributi previdenziali. Il COVID-19 ha avuto un impatto ancora più forte sulle donne, sui giovani e sui lavoratori meno qualificati in Italia. Questo perché molte donne in Italia lavorano in settori, che la pandemia ha colpito tramite le restrizioni e le chiusure come il settore alberghiero, il settore della ristorazione e del turismo. I giovani, altro settore colpito, perché molte attività sportive sono state chiuse per diverso periodo impedendo ai giovani cosi di trovare lavoro e/o acquisire competenze per il lavoro. Altro settore colpito sono stati i lavoratori meno qualificati per le stesse motivazioni elencate precedentemente.
Analizzando i salari, l’impatto della crisi di COVID-19 può essere analizzata sotto i seguenti punti:
- nei quattro anni che hanno preceduto la pandemia (2016-2019) la crescita globale dei salari è stata compresa tra 1,6-2,2%; escludendo la Cina, l’intervallo si restringe dallo 0,9% all’1,6%;
- nella prima metà del 2020, si è manifestata una tendenza al ribasso dei livelli o dei tassi di crescita in circa due terzi dei paesi per i quali i dati sono disponibili; in altri paesi il salario medio risulta aumentato in modo artificioso come conseguenza della sostanziale perdita di posti di lavoro che ha interessato i lavoratori con salari bassi. Tra questi paesi interessati dall’effetto composizione vi sono il Brasile, il Canada, la Francia, l’Italia e gli Stati Uniti;
- la diminuzione dei salari ha colpito molto di più le donne che gli uomini.
- Nell’ottica di sostenere i redditi dei lavoratori con remunerazioni più basse, molti paesi che adottano il salario minimo hanno pianificato un suo incremento.
Quali sono i fattori che hanno colpito i consumi delle famiglie?
Due fattori che hanno colpito le famiglie italiane negli ultimi anni sono stati il COVID e l’aumento dell’inflazione. La crisi economica avvenuta a seguito dalla pandemia ha portato ad una diminuzione del reddito, di cui le famiglie disponevano, causando cosi anche una diminuzione dei consumi.
Tuttavia, il rapporto ISTAT, sull’andamento dei prezzi al consumo, ha mostrato un aumento dell’inflazione in Italia, soprattutto nei settori dei beni alimentari e dell’energia. Questo aumento dei prezzi, ha portato le famiglie italiane a non riuscire più a far fronte alle spese quotidiane, aumentando il livello di indebitamento e diminuendo la capacità di risparmio.
Dall’altro lato, la pandemia ha anche portato ad un aumento del risparmio per alcune famiglie italiane, questo è stato possibile grazie alle misure di sostegno economico fornite dal governo, come
ad esempio gli ammortizzatori sociali e i bonus fiscali. Tuttavia però questo risparmio è stato concesso solo ad una parte della popolazione, con un impatto limitato sul consumo complessivo.
Anche il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) ha analizzato nel dettaglio il consumo delle famiglie italiane prima e dopo il periodo COVID, concentrandosi sull’andamento dei prezzi al
consumo, sul andamento di risparmio delle famiglie e sulle misure di sostegno economiche che sono state fornite dal governo. In particolare è venuto fuori che c’è stata una forte contrazione dei
consumi delle famiglie durante il periodo di lockdown, dovuto alla chiusura delle attività commerciali e alle restrizioni alla circolazione. Nel periodo estivo, con la riapertura di molte
attività, si è potuta verificare una leggera ripresa economica dei consumi, che comunque risulta sempre molto inferiore al periodo pre COVID. Inoltre durante il periodo della pandemia il MEF ha
rilevato un aumento dei prezzi nel settore dell’alimentazione e dell’energia, ma ha visto la diminuzione dei prezzi dei beni nel settore tecnologico. Per quanto riguarda il risparmio delle famiglie italiane il MEF ha messo in evidenza un aumento significativo del risparmio proprio nel periodo della pandemia grazie alle misure di aiuto adottate dallo stato, ma con una riduzione del risparmio nel periodo successivo al lockdown, dato appunto dalla riapertura di molte attività.
In conclusione possiamo affermare che la pandemia ha avuto un impatto significativo sull’economia italiana, portando a un aumento dell’incertezza e della volatilità dei mercati. In particolare, ha avuto un impatto molto forte sui lavoratori meno qualificati, sui giovani e sulle donne, con una perdita di posti di lavoro e un aumento del lavoro precario. Inoltre, ha influenzato anche il consumo delle famiglie italiane, portando queste ad un aumento del risparmio e ad una diminuzione della spesa in alcuni settori, come quello del turismo e della ristorazione.
L’inflazione, inoltre in Italia, nel periodo della pandemia è rimasta relativamente stabile, con un tasso medio annuo intorno all’1%, grazie anche alla politica monetaria della Banca Centrale Europea che ha mantenuto i tassi di interesse bassi per sostenere l’economia durante la crisi. Tuttavia, è importante sottolineare come l’aumento dei prezzi dei beni e dei servizi possa avere però un impatto negativo sui salari reali dei lavoratori italiani, riducendo il loro potere d’acquisto.